Quando chiedere le ferie è più stressante del rimanere a lavoro e, al chiodo!
Il fenomeno del “Vacation Shaming

Ti è mai capitato di trovarti in difficoltà nel proporre il tuo piano ferie al capo? Di avere già in programma un nuovo viaggio ma di non riuscire ad inserire le tue ferie nel portale aziendale? Beh, sappi che non sei il solo, a quanto pare è un fenomeno molto diffuso. Una recente survey presentata dalla compagnia di autonoleggio Alamo, ha mostrato come questo fenomeno sia tutt’altro che raro, anzi nuovamente in crescita dal 2019 dopo quattro anni di declino.

Ma cosa è esattamente il “ Vacation Shaming” e perché si prova?

La traduzione letterale è: vergogna di andare in vacanza, o meglio la vergogna di richiedere le ferie che ci spettano da contratto per timore del giudizio di capi e colleghi. In altre parole è la sensazione di disagio che ci viene, nel chiedere le ferie al nostro capo o nel comunicarlo ai nostri colleghi di ufficio.

Per evitare questa spiacevole sensazione molti risolvono prendendo periodi di vacanza più brevi o addirittura non prendendone affatto. Un problema trasversale tra generazioni diverse di lavoratori anche se con impatti diversi. Sembrerebbe che i più vulnerabili a questa specie di “bullismo” siano gli appartenenti alla generazione “Z” e i “Millennials”, forse ancora non molto strutturati all’interno dei contesti aziendali. I dati della survey proposta da Alamo “2019 Vacation Survey Results” riportano un aumento di circa un 27% del fenomeno rispetto all’anno precedente e l’incidenza rispetto alle diverse generazioni di lavoratori, è la seguente:

Tra i motivi dichiarati dagli intervistati, il principale è attribuito alle pressioni esercitate dal proprio datore di lavoro o manager affinché non vengano prese le ferie spettanti (ricerca Kimble).

Altro aspetto rilevante, coloro che cedono alla vergogna di prendersi ferie, a loro volta agiscono le stesse pressioni sui propri colleghi.

Pressioni dunque che si sommano poi ad altre cause di stress esterne al contesto prettamente lavorativo e che non permettono il godimento delle tanto attese e meritate ferie.

Cosa si può fare allora per cambiare la situazione?

Abbastanza di frequente mi capita di affrontare queste tematiche nelle sessioni con i miei coachee.
Un punto che ritengo importante da far emergere durante le sessioni, è il livello di consapevolezza che si ha, riguardo all’importanza del periodo di ferie.

Molto spesso capita infatti di non considerare adeguatamente i benefici che questa sorta di “manutenzione obbligatoria”, hanno per noi stessi innanzi tutto e non meno per l’azienda, nel team e in famiglia. Questo al fine di “trasformare il senso di colpa in una consapevolezza di necessità e salute”, abbracciando quanto dichiarato in un intervista di Daria Cavalcoli del Corriere della Sera su questo tema alla Coach Marina Osnaghi.

E’ inoltre molto utile poter identificare gli eventuali giudizi altrui che sentiamo su di noi, non come fatti provanti di una nostra mancanza, bensì come mere opinioni, legate a modelli mentali ed interpretazioni proprie unicamente a chi le formula e quindi, non rappresentative di chi realmente siamo.

Questi sono primi spunti per uscire dalla frustrazione di una situazione che non ci piace e riuscire a reclamare con convinzione quello che sappiamo ci farà star bene: le nostre ferie!

05 agosto 2019

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